Il lavoro di Julia Mohovikova-Peker, pur affrontando questioni urgenti, occupa il dominio del sogno, del magico e del sensoriale. La serie di opere che l'artista presenta allo spettatore è realizzata in quello che l'artista chiama un "neoespressionismo fiabesco". Utilizzando olio e acrilico, le opere di Mohovikova-Peker trascendono e oltrepassano le nostre concezioni del reale. All'interno di questo dominio, opera abilmente nello spazio liminale tra finzione e realtà, affrontando criticamente le questioni urgenti dell'epoca attuale.
Utilizzando la finzione ed incorporando elementi immaginari e fittizi in numerosi aspetti delle sue opere - citazioni incorporate e testo scritto all'interno dei suoi dipinti, nomi delle sue opere, descrizioni delle opere stesse - le opere dell'artista pongono una domanda ubiqua sul confine tra l'immaginario e il reale.
Dall'antichità ai giorni nostri, le persone hanno lottato per esprimere concetti attraverso paradigmi costruiti ed immaginati chiamati miti. Questi miti intrattabili influenzano ancora oggi la disciplina della storia dell'arte. Espressione e temi di queste storie variavano - miti di origine e originalità, miti di follia e genialità - queste forme di concezioni costruite sono notevoli nella loro persistenza, nonostante le prove che le smentiscono. Il potere onnipresente delle narrazioni, inserite nel personaggio fittizio ed esagerato, offre forse la migliore cornice per comunicare certi messaggi e, quindi, sono presenti e potenti ancora oggi. Senza trascurare il lato più oscuro della finzione, specialmente nell'era post-verità, troviamo comunque che l'arte, nel suo senso più ampio, conserva un rifugio unico per la finzione in cui fiorire in modo sicuro e affrontare criticamente questioni urgenti anche in rappresentazioni allettanti e produttivamente naive di racconti fiabeschi, simili a quelli creati nel lavoro di Julia Mohovikova-Peker. Con la metodologia sopra menzionata di narrare le sue preoccupazioni, l'artista sottolinea abilmente le questioni legate al mondo e all'ambiente che stanno crollando sotto l'influenza della guerra.
Le opere esposte possono essere suddivise grossolanamente in due fasi, prima e dopo il 2022. Nelle opere datate 2021, prima dell'invasione a pieno regime dell'Ucraina da parte dello Stato russo, notiamo colori vivaci e ambienti multistrato contenenti specie non umane e personaggi fittizzi che popolano i suoi dipinti. Nonostante l'interesse dell'artista per temi ambientali sia visibile e la preoccupi, le immagini spensierate e speranzose con un pizzico di umorismo potrebbero essere lette come la rappresentazione di un atteggiamento ottimistico verso il futuro.
L'altra fase, post-2021, presenta pennellate più larghe, le superfici sono meno ricche di colore e i dipinti si astengono dal trasmettere profondità prospettica - ora vediamo un forte accento nella rappresentazione di questioni politiche che necessitano di essere affrontate con un tono più serio. Tuttavia, questi dipinti non perdono le loro qualità espressive. Al contrario, guadagnano una direzione estetica unanime nel comunicare il messaggio attraverso gesti diretti e formalmente potenti. Il lettore percepisce il messaggio di perdita, ansia e dolore, espresso attraverso i simboli che Julia Mohovikova-Peker incorpora nei suoi dipinti: il cielo è ora coperto di nuvole, l'arcobaleno perde la sua tavolozza di colori e il lettore avverte la presenza della tempesta, del pericolo imminente, dell'inevitabilità di condizioni più difficili da affrontare. L'ambiente, ancora una volta, è predominante nelle tematiche dell'artista.
Tornando alla questione della realtà contro la finzione, il principale risultato nel lavoro di Mohovikova-Peker che emerge quando il pubblico incontra le opere del periodo pre-2022 e post-2022, è la sua capacità di articolare le questioni di violenza che l'ambiente (comprese comunità, società in generale, agenti umani e non umani) sta vivendo dopo l'inizio della guerra a pieno regime in Ucraina nel febbraio 2022. In altre parole, il lavoro di Mohovikova-Peker solleva una domanda critica: come affronta l'arte contemporanea le questioni della violenza attraverso una rappresentazione pittorica del mondo?
Approfondendo le contemplazioni teoriche sulla nozione di violenza, che coinvolgono la riformulazione lacaniana di Slavoj Žižek del principio di violenza come fondamento di simbolizzazione e linguaggio, o la fenomenologia femminista di Adriana Cavarero della violenza in termini di 'horrorism', o riconsiderando direttamente teorie dell'avanguardia precedente, come l'analisi di Georges Bataille della funzione sacra della violenza o la teorizzazione di 'forza' di Simone Weil, le domande su come la violenza metta sotto pressione i modelli di esperienza visiva o le forme di collettività rimangono aperte per gli artisti. Julia Mohovikova-Peker accetta questa sfida nel tentativo di ripensare la comunicazione su questi difficili temi attraverso l'uso della finzione e la comunicazione delle difficoltà del mondo in un modo ingenuamente relazionabile.
Facendo ciò, il confine tra finzione e realtà, sebbene comunemente visto come concetti opposti, diventa comprensibile su un più ampio spettro di fenomeni esistenti nel mondo, sia effimeri che tangibili che non sono più in opposizione. Il suo lavoro indica che la differenza tra realtà e finzione, quando la finzione diventa un dispositivo sensoriale incorporato nell'arte, non è assoluta e tali forme di finzione possono essere composte sia dalla realtà che possono generare realtà. Dopotutto, considerando che la realtà nel senso storiografico è costruita da numerose storie narrate, potremmo anche chiamare un progetto critico di indagine nelle scienze umane una specie di finzione, poiché, alla fine della giornata, ciò che rivendichiamo o respingiamo come arte è anch'esso costruito attraverso strutture istituzionali e collettive che un tempo non esistevano affatto.
Julia Mohovikova-Peker’s work, while speaking about the pressing issues, occupy the. domain of the dream-like, the magical, and the sensory. The series of works that artists puts forth for the viewer are made in, what artist calls, a fairytale neoexpressionism. Using oil and acrylic, Mohovikova-Peker’s works transcend and transgress our notions of the real. Within this domain, she skillfully operates within the liminal space between fiction and reality, while critically adressing the pressing issues of current times.
By using fiction and embedding the elements of the imaginary and fictious into numerous aspects of her works – embedded quotes and written text within the her paintings, naming of her works, descriptions to the piece – artist’s works posit a ubiquitous question on the boundary between the imaginary and the real.
From antiquity to the present, people have grappled with conveying the concepts through constructed and imagined paradigms called myths. These intractable myths haut the discipline of the art history to this days. Expression and themes of these stories varied – myths of origin and originality, myrhts of madness and genius – these forms of constructed conceptions are remarkable in their persistence, regardless of the evidence ranging against them. The omnipresent power of narratives, embedded within the fictitious and exaggerated character, perhaps offer the best framing for conveying certain messages and hence, are present and powerful to these days. Without disregarding the darker side of fiction, especially in the post-truth era, we, nevertheless, find that art, in its broader sense, reserves the unique refuge for the fiction to safely fourish and critically raise pressing matters even in such an appleaing and productively naive representations of a fairytale deptions, similar to that created Julia Mohovikova-Peker’s work. With the above-mentioned methodology of narrating her concerns, the artist skillfully underlines the issues related to the world and the environment currently crumbling under the influence of war.
The exhibited from can be crudely divided into two phases, before 2022 and after. In the works dated 2021, prior to the full-blown invasion of Ukraine by the Russian State, we notice bright colors and multilayered environments containing non-human spieces and fictonal characters that populate her paintings. Despire the fact that artist’s interest in environmental themes is visible and concerns her, the lighthearted and hopeful images with a hint of humor could be read to portray a hopeful attitude toward the future.
The other phase, post-2021, contain larger strokes, the surfaces are less rich in colour, and paintings refrain from conveying depth of perspective – we now see a strong gesture towards expressing political issues that are necessary to be spoken about in a more serious tone. However, these paintings do not lose expressive qualities. On the contrary, they gain a unanimous aesthetic direction of conveying the message using the most straightforward and yet formally powerful gestures. The reader gets the message of loss, anxiety and pain, expressed through the symbols that Julia Mohovikova-Peker embeds in her paintings – the sky is now covered with clouds, the rainbow looses its color palette, and the reader feels the presence of the strom, upcoming danger, inevitability of a harder conditons to survive. The environment, once again, is predominant in the artist’s thematic matters.
Returning to the question of reality versus fiction, the key achievement in Mohovikova-Peker’s work that plays out and is visible when the audience encounters works of her pre-2022 and post-2022 periods, is in her articulating the matters of violence that environment (including communities, society at large, human and non-human agents) are experiencing after the start of the full-blown war in Ukraine in February 2022. In other words, Mohovikova-Peker’s work raises a critical question: how does contemporary art address issues of violence through in a pictorial representation of the world?
Furthering the theoretical contemplations on the notion of violence, whether engaging Slavoj Zizek’s Lacanian reformulation of the principle of violence as the foundation of symbolization and language, or Adriana Cavarero’s feminist phenomenology of violence in terms of ‘horrorism’, or directly reappraising earlier avant-garde theories, such as Georges Bataille’s analysis of the sacred function of violence, or Simone Weil’s theorization of ‘force’, the questions on how does violence put pressure on models of visul experience or forms of collectivity remains open to the artists. Julia Mohovikova-Peker takes on this challenge in an attempt to re-envision communication on these difficult matters through her employing fiction and communicating the troubles of the world in a relatable naivite.
By doing so, the boundary between fiction and reality, while commonly seen as opposite concepts, becomes understood on a larger spectrum of phenomena existing in the world – in ephemeral and tangible that are no longer opposed. Her work points that the difference between reality and ficiton, when fiction becomes an art-embedded sensorial device, is not absolute and such forms of fiction can be composed of reality as well as they can generate reality. Afterall, considering that the reality in historiographic sense is constructed of numerous narrated stories, we might also call a critical project of inquiry in humanities a kind of fiction, as, at the end of the day, what we claim or reject as art is too constructed through institutional and collective structures that once were non-existent at all.