Origin - Palermo Edition | Artisti: Eugene Baraban

Origin - Palermo Edition | Artisti: Eugene Baraban

"Eugene Baraban: Una Ricerca Polivalente nella Complessità Culturale”

La mostra in questione affronta un tema generale: il complesso processo di collocarsi - come cittadino, artista o essere umano - all'interno di un ambiente caleidoscopico e sempre mutevole che abbraccia le sfere politiche, socio-culturali ed ecologiche. All'interno di questo quadro concettuale, il corpo di lavoro di Eugene Baraban emerge come un caso di studio esemplare, offrendo approfondimenti polivalenti nelle complessità della cultura, che cercheremo di elucidare di seguito. Che si tratti di collage, assemblage, pittura acrilica, ready-made riproposti e ridipinti o illustrazioni, le opere di Baraban sono commenti urgenti al nostro zeitgeist contemporaneo.

A prima vista, le opere di Baraban sembrano oggetti effervescenti e dipinti vividi, emanando uno spirito giocoso che allude a concetti satirici e infantili. Una visione più ravvicinata rivela un intricato stratificarsi di dettagli che aprono una pletora di dialoghi sociopolitici. Le opere in questione forniscono non solo una pungente critica del dominio politico, ma esplorano anche i difetti intrinseci della natura umana, esplorando temi come la ricerca di appartenenza, l'attrazione per la nostalgia e l'enigma dell'apatia politica come sfaccettature del comportamento condizionato.

Interrogato sulle correnti tematiche che attraversano il suo corpus di opere, Baraban identifica un trittico di aree focali: estetica provinciale, Sharovarshchyna e l'ex URSS come manifestazione di utilitarismo totalizzante, accompagnato dalla religiosità come forma di atavismo comportamentale.

Profondamente radicata nelle annali della storia culturale ucraina, un fatto evidenziato dai frequenti riferimenti alla figura seminale di Taras Shevchenko e dall'uso frequente di Sharovarshchyna come cornice stilistica, l'arte di Baraban contribuisce con una voce critica al discorso artistico contemporaneo. In particolare, uno degli strumenti più distintivi nell'arsenale artistico di Baraban è l'umorismo. La capacità poliedrica dell'umorismo di oscillare tra leggerezza e gravità, complicità e critica, è stata una potente attrattiva per gli artisti nel corso della storia. Sottovalutare l'umorismo come strategia artistica inconseguente sarebbe un grave errore; Baraban ne dimostra l'utilità nel affrontare questioni critiche legate alla politica, all'economia, alla cultura e all’identità.

Una serie particolare di sculture dipinte luminosamente esplora l'intricato gioco tra passato, presente e futuro, visto attraverso il prisma della memoria culturale. Baraban utilizza l'umorismo come strumento per contestualizzare diverse condizioni temporali, rivelando la sua ubiquità in un ampio spettro di espressioni che sottolineano i legami contraddittori della storia sovietica, legami che continuano a essere perpetuate dallo Stato russo contemporaneo. I suoi assemblaggi artistici comprendono un ricco tessuto di artefatti, da pubblicità e materiali fotografici a immagini di propaganda e oggetti di uso quotidiano. Manipolati dall'artista, questi oggetti si trasformano in profondi commentari, destrutturando i messaggi spesso assurdi che trasmettevano un tempo.

Nonostante la vivace tavolozza di colori e i toni gioiosi, molte opere affrontano anche argomenti cupi come la sofferenza, il trauma e la perdita. Senza minimizzare la gravità di questi temi, Baraban adotta un'ottica più spensierata, seppur critica, per analizzarli.

Lo stile di Sharovarshchyna è un motivo conduttore ricorrente non solo nelle opere esposte ma anche nel corpus più ampio di Baraban. Originatosi alla fine del XIX secolo, Sharovarshchyna romantizza e idealizza gli aspetti visivi e culturali dell'Ucraina rurale e storica. Gli artisti che aderiscono a questo stile incorporano elementi come costumi tradizionali, motivi folkloristici e immagini rustiche, spesso con l'intenzione di evocare nostalgia o commemorare l'eredità ucraina.

Nella resa artistica di Baraban, Sharovarshchyna è sottoposta a un processo duplice di semplificazione ed elaborazione teatrale, offrendo una complessa narrazione visiva che amalgama elementi della cultura ucraina con influenze provenienti da altre culture ed epoche storiche. Nel contesto della continua crisi geopolitica innescata dall'aggressione militare russa in Ucraina, l'imperativo di affrontare, interrogare ed esaminare questa modalità di rappresentazione è ulteriormente amplificato.

Esplorando il tema dell'interconnessione tra passato e futuro, una serie di Baraban sviluppata tra il 2021 e il 2022 porta il titolo evocativo "L'infanzia sovietica non è scomparsa, ma è rimasta come trauma". Attraverso ready-made e elementi dipinti a mano, Baraban attira audacemente l'attenzione sul ruolo vitale che l'arte svolge nell'acuire la coscienza pubblica sull'intreccio intricato tra narrazioni storiche, propaganda ed eventi contemporanei. Impiegando sia oggetti già pronti che elementi dipinti a mano, Baraban affronta con decisione l'influenza profonda esercitata dalle realtà sovietiche e post-sovietiche sulle generazioni successive.

Il lavoro di Baraban risuona con lo spirito pionieristico dell'arte d'avanguardia del XX secolo, particolarmente nel suo uso dell'assemblaggio per articolare le legacie irrisolte del passato e il loro impatto sul presente. La sua attenzione all'"atavismo" funge da ponte intellettuale verso i campi della biologia evolutiva e della genetica, invitandoci a considerare la riemersione di tratti o caratteristiche soppressi all'interno della sfera della memoria culturale. Questo focus sull'atavismo illumina gli elementi culturali duraturi che persistono nel tempo, sia produttivi che improduttivi, fornendo una prospettiva sfumata sulle ideologie perpetuate dalla propaganda sovietica e russa.

Forse questa cornice unica è dovuta al background accademico di Baraban in agronomia, ottenuto presso l'Università Agraria Statale di Dnipropetrovsk. Certamente, la narrazione sull'influenza della propaganda sovietica sulla contemporanea Ucraina sarebbe incompleta senza una debita considerazione del ruolo dell'identità nazionale e delle dimensioni culturali e politiche del suo lavoro, specialmente per quanto riguarda la figura iconica di Taras Shevchenko.

Shevchenko, una figura di spicco nel XIX secolo nella storia ucraina - poeta, scrittore, etnografo, folclorista e artista - ricorre nell'opera di Baraban, spesso posto in dialogo con contesti globali più ampi. Le opere presentate in questa mostra mettono in evidenza l'urgenza di affrontare la politica della memoria e la cultura del ricordo come forme critiche di esame della società.

L'arte di Baraban ci costringe a rivalutare le narrazioni esistenti e sottolinea l'imperativo del dibattito pubblico sui legami della storia sovietica, del colonialismo russo e della continua necessità di decolonizzazione nella regione.

 

_____ENG_____

“Eugene Baraban: A Multifaceted Inquiry into Cultural Complexity”

The exhibition in question grapples with an overarching theme: the complex process of locating oneself—as a citizen, artist, or human being—within a kaleidoscopic and ever-changing milieu that encompasses the political, socio-cultural, and ecological spheres. Within this conceptual framework, Eugene Baraban’s body of work emerges as an exemplary case study, offering multifaceted insights into the intricacies of culture, which we shall endeavor to elucidate below. Whether in collage, assemblage, acrylic painting, repurposed and painted-over ready-mades, or illustrations, Baraban's works are urgent commentaries on our contemporary zeitgeist.

At first glance, Baraban’s pieces appear as ebullient objects and vivid paintings, exuding a playful spirit that hints at notions of satiric and childhood. A closer inspection reveals an intricate layering of details that open up a plethora of sociopolitical dialogues. The works in question provide not only a poignant critique of the political domain but also delve into the flaws inherent in human nature, exploring themes such as the quest for belonging, the allure of nostalgia, and the enigma of political apathy as facets of conditioned behavior.

When queried about the thematic currents coursing through his oeuvre, Baraban identifies a triptych of focal areas: provincial aesthetics, Sharovarshchyna, and the former USSR as a manifestation of totalizing utilitarianism, accompanied by religiosity as a form of behavioral atavism.

Deeply anchored in the annals of Ukrainian cultural history—a fact evidenced by recurring references to the seminal figure of Taras Shevchenko and the frequent utilization of Sharovarshchyna as a stylistic frame—Baraban’s art contributes a critical voice to the contemporary artistic discourse. Notably, one of the most distinctive tools in Baraban's artistic arsenal is humor. The multifaceted capacity of humor to oscillate between levity and gravity, complicity and critique, has been a potent allure for artists throughout history. To dismiss humor as an inconsequential artistic strategy would be a grave error; Baraban demonstrates its utility in tackling critical issues pertaining to politics, economics, culture, and identity.

A particular series of luminously painted sculptures investigates the intricate interplay between past, present, and future, as seen through the prism of cultural memory. Baraban employs humor as a device to frame various temporal conditions, revealing its ubiquity across a broad spectrum of expressions that underscore the contradictory legacies of Soviet history—legacies that continue to be perpetuated by the contemporary Russian State. His artistic assemblages comprise a rich tapestry of artifacts, from advertisements and photographic materials to propaganda imagery and everyday objects. Manipulated by the artist, these items metamorphose into profound commentaries, deconstructing the often absurd messages they once conveyed.

Despite the vibrant color palette and jovial undertones, many works also engage with the grim subjects of suffering, trauma, and loss. Without diminishing the gravity of these themes, Baraban adopts a more lighthearted, albeit critical, lens to dissect them.

The style of Sharovarshchyna is a recurrent leitmotif not only in the exhibited works but also in Baraban’s broader corpus. Originating in the late 19th century, Sharovarshchyna romanticizes and idealizes the visual and cultural facets of rural and historical Ukraine. Artists adhering to this style incorporate elements like traditional costumes, folk motifs, and rustic imagery, often with the intention of evoking nostalgia or commemorating Ukrainian heritage.

In Baraban's artistic rendition, Sharovarshchyna is subjected to a twofold process of simplification and theatrical elaboration, offering a complex visual narrative that amalgamates elements of Ukrainian culture with influences from other cultures and historical epochs. In the context of the ongoing geopolitical crisis instigated by Russian military aggression in Ukraine, the imperative to address, interrogate, and scrutinize this mode of representation is further magnified.

Exploring the theme of the interconnectedness of past and future, one series Baraban developed between 2021 and 2022 bears the evocative title “Soviet Childhood Did Not Disappear, But Remained as Trauma.” It directs our attention toward the vital role that art plays in heightening public consciousness about the tangled interplay between historical narratives, propaganda, and contemporary events. Employing both ready-mades and hand-painted elements, Baraban boldly confronts the profound influence exerted by Soviet and post-Soviet realities upon successive generations.

Baraban’s work resonates with the pioneering spirit of 20th-century avant-garde art, particularly in his use of assemblage to articulate the unresolved legacies of the past and their impact on the present. His focus on “atavism” serves as an intellectual bridge to the realms of evolutionary biology and genetics, inviting us to consider the reemergence of suppressed traits or characteristics within the sphere of cultural memory. This focus on atavism illuminates the enduring cultural elements that persist over time, both productive and unproductive, providing a nuanced perspective on the ideologies perpetuated by Soviet and Russian propaganda.

Perhaps this unique framing owes something to Baraban’s academic background in agronomy, obtained at Dnipropetrovsk State Agrarian University. Certainly, the narrative about the influence of Soviet propaganda on contemporary Ukraine would be incomplete without due consideration of the role of national identity and the cultural and political dimensions of his work, especially as they relate to the iconic figure of Taras Shevchenko.

Shevchenko, a 19th-century luminary in Ukrainian history—poet, writer, ethnographer, folklorist, and artist—recurs in Baraban's oeuvre, often situated in dialogue with broader global contexts. Shevchenko's seminal works, deeply rooted in the struggles of Ukrainian identity under Russian imperial rule, find contemporary resonance, notably in the public response to his poem "Testament" (Zapovit) amid the 2022 Russian invasion of Ukraine.

The array of works presented in this exhibition highlights the urgency of addressing memory politics and the culture of remembrance as critical forms of societal examination. Baraban's artistry compels us to reevaluate existing narratives and underscores the imperative of public discourse on the legacies of Soviet history, Russian colonialism, and the ongoing need for decolonization in the region.