Come si è potuto costatare nella gestione dell’emergenza COVID19 le città hanno avuto un ruolo da protagoniste, mettendo in evidenza sia le loro capacità di risposta, sia le fragilità. L’urgenza dei problemi ha richiesto, infatti, concretezza e tempestiva capacità di trasferire best practice, costruendo policy anti-virus basate principalmente sulla collaborazione proficua tra comunità locali.
Un mondo dominato dai sindaci, sosteneva Benjamin Barber (If Mayors ruled the world”) sarebbe stato più pacifico ed efficiente, dal momento che questi rispondono alle esigenze quotidiane dei cittadini, il che li porta a essere più pragmatici e meno conflittuali.
Anche nell’ultimo decennio le politiche degli Stati a livello mondiale hanno puntato sulle città intelligenti o smart city, conferendo loro il ruolo di centri nevralgici del futuro e dello sviluppo.
Le smart city puntano a integrare lo sviluppo tecnologico con diverse funzioni/componenti quali: mobilità, gestione delle risorse energetiche, naturali, idriche e del ciclo di rifiuti, qualità dell’aria, uso del territorio, rete di servizi, edilizia ma anche economia, partecipazione sociale, aumento di occupazione e sicurezza del cittadino. L’approccio interdisciplinare è peculiare delle smart city che, infatti, nelle principali classificazioni europee, includono sei aspetti principali: l’economia, le persone, il governo (l’amministrazione), la mobilità, l’ambiente e la qualità di vita.
Dimostrato dal periodo di crisi che stiamo vivendo, la vera meta da raggiungere dalla città del futuro è una visione integrata di smart city e di human city, rendendo le nostre città più umane. Ciò equivale a mettere in sinergia un sistema di ICT all’avanguardia, con un intreccio di ambiti che insieme concorrono alla vivibilità del nostro tessuto urbano.
Una città è intelligente se la intendiamo come un sistema di relazioni che produce valore e dove la tecnologia è strumento di collaborazione. Le innovazioni tecnologiche e le strategie di pianificazione devono, quindi, favorire il benessere individuale e collettivo, in un approccio “human oriented”.
Secondo questo approccio i business model vincenti vedranno una forte correlazione tra innovazione tecnologica e sharing economy. La smart city deve essere in grado di attivare uno sharing of everything, cioè deve agire come una piattaforma permanente di condivisione di risorse, di valori, di luoghi e di servizi.
Inoltre, il modello italiano di smart city, deve prevedere interventi commisurati alle esigenze dei nostri territori, puntando su strategie di valorizzazione delle peculiarità del nostro paese, lavorando su temi quali il paesaggio, gli attrattori culturali, l’identità, l’autenticità dei nostri territori, l’accessibilità, la connettività.
Probabilmente l’emergenza COVID19 potrà accelerare questa nuova visione di città intelligente, trasparente, inclusiva, capace di sviluppare una visione chiara e condivisa del benessere, della qualità della vita, costruendo le basi per un’ efficace politica urbana e una rinnovata economia.